PELLEGRINO ARTUSI... |
PERSONAGGI |
I personaggi; |
|
O.Guerrini-
Lorenzo Stecchetti.....un Carducciano scapigliato Letterato
e poeta fra i più popolari dei"minori" del suo tempo, nacque
nel 1845 vicino a Forlì da famiglia originaria di S.Alberto di Ravenna...Studiò
a Ravenna e a Torino. Poi visse prevalentemente a Bologna dove si laureò
in legge e in lettere ricoprendo in seguito l'incarico di bibliotecario di
quell'Univerità. Mantenne sempre uno stretto collegamento con la Romagna
impegnandosi anche nella politica attiva come consigliere comunale a
Ravenna e a Bologna.
La locandina della mostra poneva Artusi in mezzo ad altri due grandi protagonisti dell'ottocento, A.Manzoni e G.Garibaldi, artefici dell'unità d'Italia. Unità che l'Artusi volle celebrare in cucina fondendo i sapori regionali |
MASTRO MARTINO "DE ARTE COQUINARIA" ......... STORIA DI UN LIBRO Il Prof. Emilio Montorfano,
grande esperto di Maestro Martino, ha tracciato una storia del libro, dal
primo proprietario, "liber mei Raphaely Baldeli", fino al
bibliofilo americano Ioseph Dommers Vehling che nel 1927 lo trova a
Chicago e nel 1932 ne dà l'annuncio al pubblico con l'articolo
"Martino and Platina: esponents of Renaissance Cookery". Il
collegamento di questo testo al libro famosissimo "De honesta
voluptate et valetudine" di Bartolomeo Sacchi detto il Platina, di
Cremona, è stato immediato, anzi proprio in quel momento si è
incominciato a rendere giustizia a Martino da Como, la cui opera, e il cui
nome erano stati dimenticati. Il Platina, che lo conosceva personalemnte,
che lo chiama cuoco a cui nessuno può essere paragonato, che lo dice
"comense" indicandone quindi la patria, che dichiara di aver
avuto da lui gran parte di quello che ha pubblicato, che ne esprime
un'ammirazione affettuosa dicendo che è un parlatore affascinante, si
porterà via tutto il merito di aver tramandato ai posteri le meravigliose
ricette di Maestro Martino inglobate nel suo libro "De Honesta
voluptate et valetudine". E così pure Giovanni Rosselli ne
pubblicherà le ricette nel suo volume "Opera nova chiamata Epulario".
Maestro Martino vivrà così solo di luce riflessa, tradotto anche in francese dal canonico Desdier, prima ancora che i cuochi fiorentini di Caterina de Medici vi introducessero la loro cultura culinaria. Ritornerà agli onori della cronaca solo dopo l'annuncio della scoperta del manoscritto nel 1932 e pubblicato in Italia nel 1966 da Emilio Faccioli.
|
LA
MUSICA |
|
L'ARTE Dopo
il 1830 circa si sviluppa con gli ideali romantici un movimento di
reazione al neoclassicismo ed il motivo generatore di tale reazione è
costituito dal fenomeno di libertà, di amor patrio, di rinnovamento. Di
conseguenza, la forma classica del bello ideale (ch'era stata cinquant'anni
prima accolta trionfalmente, ed era servita ad esaltare la grandezza
napoleonica), ora viene sostituita dal culto della vita, del vero,
dell'amore (il primato artistico, già venuto meno col neoclassicismo, è
ora del tutto perso dall'Italia). Il Romanticismo nell'arte si sviluppa
ovunque. Nella seconda metà del secolo pochi sono gli aspetti dell'arte
italiana che si staccano dalla mediocrità. Nei primi decenni dell' Unità
d'Italia, impegnati in complessi e gravi decenni dell'Unità d'Italia,
impegnati in compessi e gravi problemi di organizzazione, nel campo
dell'architettura mancano artisti ed opere valide. In scultura emerge
qualche voce isolata come V.Gemito e M.Rosso, invece un apporto più
positivo viene dalla pittura dei Macchiaioli toscani, Fattori, Lega,
Signorini,... |
|
GIOVANNI
FATTORI Nacque a Livorno nel 1825. Dopo un breve tirocinio con Giuseppe Baldini, nel 1846 entrò all'Accademia di Firenze, allievo del Bezzuoli. Interruppe gli studi tra il 1848 e il 1849 per partecipare ai moti rivoluzionari. Fu incerto a lungo sulla strada da seguire, perchè, attratto dai primi esperimenti macchiaioli, studiava tuttavia gli affreschi di Filippino Lippi e del Ghirlandaio e insisteva sul quadro storico di tipo romantico, pur dipingendolo "a macchia" come nel caso della Maria Stuarda. Incoraggiato da Nino Costa, con l'esempio e con le idee, intorno al 1860 voltò il quadro di storia passata e lontana in quadro di storia vivente e vicina, dipingendo nel 1861 il famoso Campo italiano dopo la battaglia di Magenta. Da allora dipinse più volte fatti d'arme risorgimentali, specializzandosi in scene militari. Intanto si dedicava anche al ritratto, in cui fin dall'inizio aveva raggiunto eccellenti risultati, alle scene di vita familiare e a quelle di vita agreste, soprattutto maremmana (tra il 1880 e il 1895). In età avanzata rese più aspro, quasi arido, il suo stile pittorico e si dedicò all'acquaforte, compiendovi capolavori. Di pari passo accentuava nella tematica la nota socialmente polemica e dolorosa. Nel 1886 entrò come insegnante di pittura all'Accademia di Firenze. In questa città morì nel 1908.
|
|
Giosué
Carducci ( Valdicastello 1835- Bologna 1907) Carducci nacque a Valdicastello, frazione del
Comune di Pietrasanta in Versilia, il 28 luglio 1835 dal medico Michele e
da Ildegonda Celli: il padre ardente Carbonaro, aveva dovuto subire in
seguito alle agitazioni del 31, prigionia e un anno di relegazione a
Volterra. Giosuè dunque trascorse l'infanzia e in parte la fanciullezza
nella selvaggia solitudine della Maremma. Nel 1849 potè iniziare, e
condusse poi con non piccolo profitto per tre anni, studi regolari presso
i padri delle scuole pie in Firenze; ammesso infine come alunno interno
nella scuola normale superiore di Pisa, conseguì nel 1855 la laurea in
lettere presso quella università. Carducci nonostante la sua origine toscana, si
accostò alla terra di
Romagna, ancor prima di conoscerla direttamente solo per l'amore che egli
nutriva per Dante e, come il sommo poeta,
aveva fatto della Romagna la sua patria elettiva. Carducci intensifica le visite in Romagna e
soprattutto nel forlivese quando il fratello Valfredo è nominato preside
della scuola normale di Forlimpopoli. Nel 1865 si reca a Ravenna in
occasione delle celebrazioni dantesche. Della città non solo ammira i
vetusti monumenti, ma si interessa anche alla loro conservazione e
restauro. Il Carducci, dunque, venne in Romagna chiamato dalla fama delle
sue naturali bellezze, dai ricordi di Dante, dal desiderio di luoghi che
Dante ha immortalato nella sua commedia. Attirato dal ricordo del Mainardi,
di Guido del Duca. Desiderò vedere Bertinoro: la visitò nella primavera
del 1887 e si recò in visita a Polenta. Il comune di Bertinoro nel 1898
gli conferì la cittadinanza onoraria. |
|